“Tre cose dunque si ricercano per osservar questo precetto, la qualità de cibi, il mangiare una fola volta nello spatio di ventiquattro hore, e non cibarli prima dell’hora determinata, cioè del mezo giorno”
Quella che vi apprestate a leggere non è una lettura scorrevole, come può essere invece il quasi classico dell’
Artusi. Di certo, la lingua arcaica che caratterizza quest’opera non aiuta, e rappresenta per molti un ostacolo nella lettura di queste quasi 300 pagine.
Iniziamo dicendo che Paolo Zacchia, di professione medico, vestendo i panni dello scrittore non dimentica quelli del dottore, e pone spesso l’accento sulla natura medicamentosa e terapeutica del cibo.
Nella produzione dell’autore, seppur prolifica, “Vitto quaresimale” rappresenta quasi un unicum, essendo l’unico manoscritto in cui affronta in maniera diretta e analitica la gastronomia.
Il contenuto dell’opera è suggerito dal titolo stesso: il testo si propone come una guida rivolta a un vasto pubblico, in cui vengono esposti i modelli comportamentali da seguire per l’ottemperanza del precetto quaresimale. L’opera espone dettagliatamente le proprietà benefiche (e non) di ingredienti e pietanze, rispondendo e fugando dubbi relativi a tutte quelle preoccupazioni causate dal digiuno eucaristico.
Tra le righe si nota una velata critica a tale pratica imposta dalla Chiesa.
Una lettura ostica, ma che merita di essere proposta nella nostra biblioteca.
Buona lettura!
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