“L’alcool è la base di tutti i liquori, onde è che da esso prendon le mosse tutti coloro che si fanno a trattare dell’arte del liquorista.”
Se non vi fosse bastato il
testo del Castoldi sull’argomento, non avete che dedicarvi alla lettura del Gorini, che arricchisce la nostra biblioteca di un altro testo di liquoristica.
Gemello Gorini espone il tema da una prospettiva nuova, per il suo tempo: basti pensare all’elenco che fa degli alimenti dal quale è possibile trarre alcol. Se quello del Castoldi era un compendio che abbraccia la liquoristica
tout court, Gorini riprende l’argomento mettendo sotto la lente d’ingrandimento aspetti nuovi. Nelle sue parole ritroviamo un lessico entusiasta e compiaciuto. Non è un esperto che parla, ma un appassionato. È questa sua carica traspare dalle pagine e ci mantiene incollati durante la lettura. E anche quando si trattano aspetti quali composizioni alcoliche, la lettura prosegue, incessante. Si arriva così alle parti successive: “Confetturiere” e “Pasticciere”, che sono naturale prosecuzione di un discorso unico che l’autore porta avanti fin dalle prime pagine del libro.
Il
fil rouge che collega le tre parti principali dell’opera è infatti l’impiego del liquore, che cambiando forma, abbinamenti impieghi dà vita agli alimenti più disparati. Il liquore, per il Gorini, è pantalassa, è liquido in perenne evoluzione, che muta e si modella a seconda del destino che gli si vuole dare.
Buona lettura!
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