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Napoli e il presepe

Dal punto di vista gastronomico
03.12.2020
12 min.
Non è possibile visitare Napoli senza fare una passeggiata tra le botteghe di San Gregorio Armeno. Perché il presepe napoletano non è solo artigianato e tradizione popolare, ma elevata (e continua) espressione artistica: alle opere del passato si affiancano le tante realizzazioni di artisti contemporanei; accanto ai pastori troviamo statuine che rappresentano personaggi della politica, della cronaca, dello sport e dello spettacolo. Un allegro miscuglio di folclore, mondanità, umanità e cultura popolare. Gli scenari e i personaggi dei presepi sono fatti rigorosamente a mano (in legno o terracotta) nel rispetto della tradizione e con estrema cura per i particolari: ogni pezzo è unico, realizzato spesso da maestri scultori e impreziosito da abiti con tessuti di pregio. Passeggiare per la via dei presepi significa immergersi in un’atmosfera di festa, antica e popolare, tra colori vivaci e il profumo delle caldarroste vendute dagli ambulanti, avvolti dalla teatralità e dall’inconfondibile veracità del popolo partenopeo.

Tra sacro e profano

Te piace ‘o presepio? Chiedeva Eduardo De Filippo in Natale in Casa Cupiello. Perché a Napoli il presepe è una faccenda serissima! Presso molte famiglie si comincia anche subito dopo la Commemorazione dei defunti (2 Novembre) con la costruzione delle casette di cartone fino ad arrivare alla mezzanotte della Vigilia quando tradizione vuole che si faccia la processione in famiglia e tutti i componenti, in fila indiana e con una candela in mano, accompagnano il più piccolo della casa a depositare o Bambiniello nella mangiatoia.


La tradizione del presepe napoletano è ricchissima di storie, aneddoti, fantasia e superstizione. Abbiamo così il Benino dormiente, il pastorello che solitamente viene collocato sulla collina più alta della scena presepiale. La tradizione popolare vuole che Benino dorma e nel sonno sogni il presepe; guai a svegliarlo perché di colpo sparirebbe il presepe! La donna col bambino è sempre presente nel presepe napoletano e viene posta nei pressi della grotta. La tradizione popolare narra che una giovane vergine chiamata Stefania, saputo della nascita del Redentore, si incamminò verso la grotta per adorarlo ma gli angeli la bloccarono in quanto non era permesso alle donne non sposate di far visita alla Madonna. Il giorno dopo Stefania prese una pietra, l’avvolse nelle fasce come se si trattasse di un bambino e, ingannando gli angeli, riuscì a raggiungere la grotta. Alla presenza della Madonna, miracolosamente, la pietra starnutì e si trasformò in un bambino che ebbe nome Stefano e così, da allora, il 26 dicembre, si celebra la festa di Santo Stefano. Altro personaggio sempre presente è il pescatore che simbolicamente rappresenta il pescatore di anime. Il pesce, infatti, fu il primo simbolo dei cristiani perseguitati dall’Impero Romano. E ancora la zingara, il monaco che fa la questua (l’atto di andare di porta in porta ad elemosinare offerte), i due compari, zi’ Vicienzo e zi’ Pascale, personificazione del Carnevale e della Morte e tanti altri personaggi di cui gli artigiani sono disponibili a raccontare aneddoti e curiosità.
Un’usanza curiosa riguarda lo smontaggio del presepe appena dopo l’Epifania: l’ossatura in cartapesta non viene gettata via ma conservata fino al 17 Gennaio, sera in cui viene bruciata tra le fiamme del Cippo di Sant’Antonio, affidando al fuoco l’augurio di poter costruire un nuovo presepio il prossimo Natale.

E il cibo?


Foto di Alessandro Grussu da Flickr

Una tradizione così importante non può non coniugarsi con un altro importantissimo aspetto della cultura partenopea: la cucina! Nel presepe troviamo quindi spesso statuine “enogastronomiche”: il pizzaiolo, il panettiere che informa il pane, la massaia che impasta, il cuoco (con pentola, o cappello da chef, o mestolo)... La figura di Cicci Bacco è particolarmente interessante e carica di simbolismo. Questo personaggio che porta il nome dell’antico dio romano del vino, è solitamente rappresentato grassoccio e con le guance rosse, davanti alla cantina e con un fiasco in mano. Rappresenta al tempo stesso il vino, il piacere che dà questa bevanda e i reietti che la nascita di Cristo è venuta a redimere. Nel presepe napoletano non mancano le tavole imbandite. Spesso con prodotti caseari, con riferimento ai pastori, ma sulle tavole del presepe c’è ogni ben di dio: pizze, pane, vino, pasta, bistecche ma anche ricette tradizionali napoletane. Come i dolci natalizi, che si trovano spesso raffigurati e ancor più spesso vengono offerti durante una visita a casa che non può non includere una “ammirazione” del presepe: struffoli, roccocò, mostacciuoli, susamielli, raffiuoli… Da qualche anno non mancano statuine con gli chef famosi che appaiono in televisione come il campano Antonino Cannavacciuolo, ma noi ne abbiamo viste di numerosi altri cuochi famosi, come Davide Scabin, Ciccio Sultano, Massimo Bottura, Enrico Cippa e Carlo Cracco.

Una tradizione secolare

La passione dei napoletani per il presepe ha origini molto antiche: un documento menziona la Chiesa di S. Maria del presepe già nel 1025 e nel 1324 viene citata ad Amalfi una “cappella del presepe di casa d’Alagni”. Nel 1340 la regina Sancha d’Aragona (moglie di Roberto d’Angiò) regalò alle Clarisse un presepe per la loro nuova chiesa di cui oggi è rimasta solo la statua della Madonna, conservata nel museo di San Martino. Nel XV secolo compaiono i primi figurarum sculptores che realizzano sacre rappresentazioni in chiese e cappelle napoletane; le più importanti sono quelle dei presepi di San Giovanni a Carbonara dei fratelli Pietro e Giovanni Alemanno, San Domenico Maggiore, Sant’Eligio e Santa Chiara. Si tratta per lo più di statue di legno, policrome e a grandezza naturale, poste davanti ad un fondale dipinto. Durante il Rinascimento, invece, ebbe grande sviluppo la scultura presepiale in marmo di cui si ricorda, tra tutti, quella del 1475 di Antonio Rossellino visibile a Sant’Anna dei Lombardi.
La tradizione del presepe napoletano, così come è giunta fino ai giorni nostri, però, comincia a delinearsi intorno alla fine del ‘500 per merito di San Gaetano da Thiene che nel 1530 realizza nell’oratorio di Santa Maria della Stelletta, presso l’Ospedale degli Incurabili, un presepe con figure in legno vestite secondo l’usanza del tempo. Nel corso del secolo, poi, si intensifica la costruzione dei presepi con figure di dimensioni sempre più ridotte fino a giungere alla realizzazione del primo presepe mobile, allestito dai padri Scolopi nel 1627. Iniziano a comparire anche i primi accenni al paesaggio in rilievo che sostituisce quello del fondale dipinto: gradualmente le scene della Natività e dell’Epifania cominciano ad arricchirsi anche di figure e spunti laici.


Ma fu nel Settecento che l’arte del presepe raggiunse il suo massimo splendore, grazie a Carlo di Borbone ed alla sua passione per l’artigianato, tanto da renderlo una vera e propria moda. Le statue in legno scolpito vengono sostituite da manichini con anima in fil di ferro, arti in legno e teste di terracotta; nasce lo “scoglio” (una sorta di sperone roccioso che ospita il presepe) e aumenta il numero dei personaggi: una folla di contadini, pastori, pescatori, artigiani, mendicanti e notabili, tutti colti nelle loro attività quotidiane o in momenti di svago, così ben definiti, ricchi di sfarzo e di dettagli da rubare la scena alla natività! Lo stesso re, abile nei lavori manuali e nella realizzazione di congegni, si circonda di scenografi, artisti e architetti per creare il presepe nel Palazzo Reale. Tutto il popolo partenopeo comincia a realizzare il presepe nelle proprie case, anche i meno abbienti: magari con pochi pastori, raggruppati in un piccolo scoglio e dentro una “scarabattola” (una sorta di teca). Questo presepe settecentesco, come quello attuale, è uno spaccato storico e un inno agli usi e alla quotidianità, nato in un’epoca che trasformò Napoli in capitale culturale, meta irrinunciabile di viaggiatori italiani e stranieri.

Dopo quest’epoca d’oro, la tradizione andò via via affievolendosi, la maggior parte dei grandi presepi furono definitivamente smontati e di questi, purtroppo, a noi giunge ben poco. Tra i pochi salvati, vanno menzionati il famoso presepe Cuciniello e gli altri presepi settecenteschi conservati nel Museo di San Martino, oltre che la magnifica (ma anche poco conosciuta) collezione tedesca di presepi napoletani conservata nel Museo Nazionale Bavarese di Monaco di Baviera. La passione per fortuna è rimasta sempre viva a livello popolare e tramandata all’interno delle varie botteghe artigiane, concentrate soprattutto nella già citata via San Gregorio Armeno, che continua a solleticare l’interesse di collezionisti, appassionati, o semplici curiosi che ogni anno rinnovano il rito antico di “andar per presepi”.


Vorreste sapere quali personaggi della politica o dello show business quest’anno si saranno meritati un posto accanto alla Sacra Famiglia ed ai pastori? Non vi resta che andare a vedere con i vostri occhi! E tra un pastore e una celebrità, poi, potrete assaggiare i dolci natalizi tradizionali oppure decidere di fare una sosta in pizzeria per un vero trionfo di napoletanità. E dopo una buona pizza, il cerchio si chiude: uno, cento, mille presepi, che ne raccontano tutti uno solo, Napoli, il più straordinario presepe del mondo!
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