Eccoci come promesso a parlare ancora di liquori italiani: in molti ci avete scritto a proposito del
primo post sulla storia dei liquori italiani! Lasciando da parte i marchi più famosi di cui abbiamo già parlato, esistono ancora tantissime piccole produzioni nelle province italiane che offrono dei liquori strepitosi. Noi di Palati a Spasso ne abbiamo scovate alcune. Ma prima vediamo come vengono prodotti i liquori e qualche consiglio per realizzarli “
homemade”. Si perché nella nostra cultura non esiste pranzo o cena che si rispetti senza una degna conclusione a base di digestivo.
La produzioneIn Italia esiste una lunga tradizione nella produzione di liquori e questo probabilmente per due ragioni fondamentali. La prima è legata alle dozzine di ordini religiosi che, in abbazie, conventi e monasteri sparsi dappertutto sul territorio, hanno contribuito per secoli agli studi di erboristeria e di distillazione. Frati e monaci, insieme agli alchimisti, furono i principali ricercatori in questi campi per quasi un millennio: la produzione dei liquori basati anche su ingredienti locali ne ha tratto un enorme vantaggio! La seconda ragione, invece, è radicata nelle tradizioni legate alla famiglia e alla produzione alimentare casalinga: i due presupposti per la di centinaia di ricette di liquori tramandati di generazione in generazione, a volte divenuti prodotti commerciali. Ma come viene prodotto il liquore? Esistono tre metodi di preparazione:
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Per infusione: si tratta di macerati delle sostanze vegetali aromatiche che rilasciano i loro principi nell’alcol, come ad esempio il limoncello.
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Distillati: si preparano per distillazione di un macerato già alcolico.
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Preparati con essenze: uno o più oli essenziali vengono solubilizzati nell’alcol.
Per produrre il liquore, una volta mescolati alcol, zucchero ed aromi di diversa origine, viene lasciata riposare la miscela – la durata di questa fase arriva anche ai 2 anni – così da consentire ai sapori di amalgamarsi. La quantità di zucchero minima utilizzata è di 100 gr/l, mentre la gradazione alcolica varia generalmente da 15° a 40°, anche se esistono liquori che arrivano ai 55° e oltre.
Consigli per preparare i liquori in casaRealizzare dei buoni liquori in casa è semplice, ma per prepararne di ottimi è fondamentale la qualità delle materie prime, che si tratti di frutta, erbe o radici. I procedimenti variano a seconda della tipologia di liquore che si intende preparare: per quelli a base di frutta, occorre lasciare macerare nell’alcol puro bucce o pezzi di frutta per almeno 10 giorni, così che i vari elementi possano rilasciare tutti gli aromi. Una volta terminata la fase di macerazione, si filtra il liquido ottenuto e lo si unisce a uno sciroppo a base di acqua e zucchero. Le proporzioni fra alcol e frutta variano in base ai gusti: per un liquore alle ciliegie, ad esempio, molte ricette prevedono un rapporto di 1 kg di ciliegie per 300 gr di alcol, con 250 gr di zucchero e 200 ml di acqua. La bottiglia in vetro va poi conservata ben chiusa in un luogo fresco, buio e asciutto.
Fra i liquori casalinghi più popolari troviamo sicuramente il
limoncello: leggenda vuole che questo liquore sia nato nell’isola di Capri a inizio Novecento per volere di Maria Antonia Farace, titolare di una piccola pensione con un vasto giardino di limoni e arance. Fu il figlio a iniziare la produzione artigianale del liquore a base di limoni negli anni Ottanta, diffondendo così la tradizione del limoncello nell’isola. Il termine era però già in uso ben due secoli prima, come testimonia il vocabolario degli Accademici della Crusca del 1691, che definisce il limoncello una semplice “acqua cedrata”. In origine, dunque, con il nome limoncello venivano indicate bevande analcoliche a base di acqua e limone.
Molto apprezzate, poi, le creme di liquore, più dolci, meno alcoliche e caratterizzate dalla presenza di panna o latte (o di entrambe): creme di limoncello, di mandarino, oppure quelle al caffè o al cioccolato servite come dessert o per impreziosire, ad esempio, una bella coppa di gelato! Ma in casa si possono preparare anche gli
elisir, in passato utilizzati perlopiù a scopi terapeutici, preparati a partire dalla macerazione di erbe, spezie e frutta, la cui gradazione alcolica varia dai 40 ai 65°.
Le perle nascosteIn Italia, ogni regione può contare nella propria tradizione culinaria di almeno un amaro, la cui produzione rispecchia l’enorme biodiversità del nostro Paese. Prodotti con fiori e piante spontanee o coltivate, ma anche con frutta e ortaggi (basti pensare ai liquori all’alloro, alla cipolla, al basilico e al carciofo). I liquori di agrumi sono generalmente tipici del meridione. I
ratafià di ciliegie sono diffusi laddove troviamo l’eccellenza nella produzione di questo frutto, ossia dal nord del Piemonte fino all’Abruzzo, passando per il Veneto e l’Emilia Romagna. Il
nocino è invece diffuso lungo l’Appennino, dalla Liguria alla Campania, mentre la genziana è tipicamente montana: la si trova sulle Alpi e in Abruzzo. Insomma:
paese che vai, liquore che trovi! In Italia se ne trovano davvero di ottimi, e anche di meno conosciuti: se non venite dal nord-ovest, avete già sentito parlare del Benefort, prodotto in Valle D’Aosta, o del Macra del Piemonte, fatto in Alta Val Maria con 18 erbe, radici e piccoli frutti, il tutto infuso a freddo. Sempre in Piemonte viene prodotto il San Simone, che prende il nome da una confraternita di monaci presente a Torino nel 1500, realizzato seguendo ancora la ricetta originale che prevede l’utilizzo della china, una pianta farmaceutica che in passato veniva usata per curare la malaria. Scendendo verso il Mezzogiorno, nel Lazio troviamo il Goccetto Spiritoso, prodotto nella zona dei Castelli Romani, che ha un forte gusto di anice e rabarbaro, unico nel suo genere. Infine l’Amara, un amaro siciliano prodotto con le arance rosse dell’Etna, perfetto da bere liscio o come base per i cocktail. La lista potrebbe continuare a lungo: sono tutti davvero ottimi e caratteristici delle zone in cui vengono prodotti.
Caffè corretto ed ammazzacaffè: tradizione e curiosità di fine pastoE dove poteva nascere, se non nel nostro Paese, l’abitudine di “
correggere” il caffè aggiungendovi un po’ di liquore? In origine pare che fossero gli operai dell’Italia settentrionale ad aggiungere, durante le loro pause, un goccio di grappa al caffè per ritrovare un po’ di calore e ristoro dalle rigide temperature. Non ci è voluto molto affinché questa abitudine si diffondesse in tutta la penisola, differenziandosi regione per regione a seconda del tipo di liquore impiegato ed in base ai costumi e ai prodotti locali. Alcuni tipi di liquori, infatti, esaltano le note decise del caffè rendendo il suo sapore ancora più intenso ed avvolgente. Molto diffusa, oltre alla correzione con l’aggiunta di grappa, è l’abitudine di aggiungere al un liquore all’anice. In alcuni paesi è un’usanza così comune che è facile entrare in un bar e trovare sul bancone una bottiglia di anice a disposizione dei clienti per modificare a proprio piacimento il caffè. In questo senso, per molti, il caffè corretto per antonomasia è quello con la sambuca. Un abbinamento “contrario”, ormai consolidato, è quello della sambuca con la “mosca”: il liquore con all’interno qualche chicco intero di caffè. Come scegliere il liquore per servire in casa un buon caffè corretto? Tutto dipende dal proprio gusto personale vista l’ampia scelta, l’importante è che non sia eccessivamente fruttato o troppo amaro: tali caratteristiche potrebbero interferire, rendendo l’esperienza del caffè poco piacevole.
C’è poi chi il liquore lo preferisce subito dopo il caffè, ed ecco che entra in gioco quello che viene definito l’
ammazzacaffè, altra usanza tutta italiana. In alcune regioni d’Italia, viene versato direttamente nella tazzina del caffè con l’intento di risciacquarla e pulire, così, il palato. Storicamente, quella dell’ammazzacaffè è un’abitudine nata nell’aristocrazia: i nobili, infatti, dopo cena usavano bere un cognac o un brandy nel salotto, fumando un sigaro; usanza che in seguito venne ripresa anche dal resto della popolazione.
PS: Interessati a saperne di più? Potreste leggere un classico della liquoristica: il manuale del Gorini!