Prende nomi diversi a seconda della città: cecina, calda calda, 5 e 5… La si trova lungo la costa tirrenica e del mar ligure dalla Toscana fino a Nizza, ma ha viaggiato ed è arrivata lontano. Dorata come il sole, croccante, appetitosa e non più alta di 1cm, la farinata di ceci è tanto semplice quanto saporita: un impasto a base di farina di ceci, acqua ed olio extravergine d’oliva, che tra mani esperte si trasforma in una delizia per il palato.
La tradizione, ovvero Storie di battaglie, sole e marinai Secondo alcuni, le sue origini affondano in tempi lontanissimi, addirittura in epoca romana. Gli antichi latini non conoscevano i fagioli (introdotti in Europa solo con la scoperta dell’America), ma amavano moltissimo altri legumi e facevano largo consumo di ceci. Sarebbero stati loro i primi a preparare sformati di
purea con ceci, lenticchie e baccelli e gustarne tutto il succulento sapore.
una leggenda invece attribuisce l’invenzione ufficiale della farinata a un’epoca più tarda: in pieno
Medioevo, nel periodo delle Repubbliche marinare, quando le relazioni commerciali con il mondo arabo avevano ampiamente diffuso l’utilizzo dei ceci nella nostra tradizione culinaria.
Nel 1284, la famosa Battaglia della Meloria segna il trionfo della flotta genovese su quella pisana. Sulla via del ritorno, i vincitori si trovano ad affrontare una tempesta che rovina parte del carico di una galea: la forza del mare rovescia alcuni barili di olio e di farina di ceci e li imbeve di acqua salata, riducendo parte delle provviste ad una purea informe. I Genovesi, notoriamente parsimoniosi, non si danno per vinti e non pensano neppure per un attimo di gettare questi viveri: serviranno per nutrire i prigionieri pisani. In pochi in realtà riescono a superare l’aspetto tutt’altro che appetitoso di questo composto e preferiscono il digiuno, ma solo fino al giorno successivo. Piegati dai morsi della fame poi capitolano… e la scoperta è
straordinaria! Come spesso accade nella storia dell’uomo, circostanze fortuite e la casualità danno vita ad un risultato magnifico. Cotta dal sole, la purea si è trasformata in un’appetitosa focaccia, così deliziosa che, una volta a terra, i Genovesi decidono di perfezionare la ricetta e chiamarla “oro di Pisa” a beffa degli sconfitti. Nasce un’assoluta delizia gastronomica che, da allora, si tramanda in Italia di generazione in generazione.
Mille e una farinata - Le varianti locali Piatto della cucina povera, creato con ingredienti semplicissimi ma strepitoso per sapore e profumo, la farinata ha tante varianti e nomi diversi: cecina per i pisani, torta del 5 e 5 per i livornesi, fainè per i sardi di Sassari, socca a Nizza e in Piemonte,
calentita a Gibilterra e oltre! Grazie agli emigranti liguri che nel primo ‘900 raggiunsero il Sud America, la farinata, con il nome di fainà, è divenuta parte integrante perfino della
cucina popolare di Argentina e Uruguay, dove viene tradizionalmente servita anche sopra la pizza. In purezza è una leccornia, ma in diverse tradizioni locali viene servita nel pane, e/o abbinata a cipolle dolci e salsiccia, come nel caso della fainà, oppure a formaggi spalmabili come gorgonzola e stracchino, come a Pisa. Tra le varianti più celebri e ghiotte c’è senz’altro quella dei “tortai” di
Livorno, che trae il nome dall’abitudine popolare, nata nella prima metà del secolo scorso, di ordinare 5 centesimi di lira di pane, tradizionalmente il francesino, e 5 di torta di ceci, poi arricchita con melanzane marinate.
Dove gustarla? La magia di un incontroSebbene esistano tantissime ricette per cucinarla a casa, c’è anche chi sostiene che la farinata va gustata per strada, appena sfornata, fumante e croccantissima, magari con una
spolverata di pepe nero o dentro una focaccia, davanti ad una bottega tradizionale o passeggiando nell’atmosfera dei centri storici e dei lungomare. In Liguria è facilissima da trovare, e viene servita in apposite friggitorie di strada chiamate “sciamadde” (fiammate). In difficoltà nel secolo scorso, quando molte chiusero, stanno ora vivendo un nuovo momento di gloria, grazie al successo del cibo di strada e al rinascimento della cucina tradizionale. La si trova anche nelle “farinaterie”, a Genova, o in locali dedicati e pizzerie d’asporto, come in Sardegna. A Nizza la socca si trova anche presso venditori di strada, che possono cucinarla (ma più spesso la tengono calda) su una piastra simile a quella delle crêpes. E sempre nella Côte d’Azur la si trova anche nei ristoranti di specialità locali che spesso si fregiano della scritta in provenzale nizzardo “Aquì, si mangia la socca”. Tradizionalmente viene cotta in
forno a legna, all’interno di grandi teglie in rame stagnato chiamate “testi”, con un diametro fino a 40cm, in soli 10 minuti, ad una temperatura che raggiunge i 300°. Vedere un fornaio all’opera mentre tiene saldamente e quasi abbraccia il grande testo e gli fa compiere movimenti circolari per creare piccole onde e distribuire perfettamente l’olio prima di versarvi l’impasto è pura magia. Le sue movenze sono così veloci da essere quasi impercettibili ed ipnotiche, colme del fascino di gesti antichi e forieri di prelibate promesse.
Tutta salute! Come se la sua fragranza e croccantezza, la sua natura di ghiotto cibo di strada e il suo color sole non bastassero, la farinata di ceci è anche ricchissima di benefici per la salute: ricca di proteine, fibre, vitamina B ed E, sali minerali (tra cui ferro e magnesio), fornisce un ottimo apporto di energie, aiuta il metabolismo e contribuisce a mantenere sotto controllo glicemia e colesterolo. E allora perché aspettare?!