Una terra dalle mille sfaccettature, di antica civiltà, di paesaggi ora selvaggi ora morbidi di pascoli, di retaggi saraceni che sembrano prolungarsi nel tempo. Un viaggiare a contatto con la natura, senza fretta. Borghi medievali, malghe aggrappate a un crinale, mercati contadini. È la piccola Occitania, 180 000 abitanti dislocati in una quindicina di valli e 120 comuni delle province di Cuneo, a cui spetta la parte del leone, Torino e Imperia. Li accomuna l’antica lingua d’oc, già parlata dai trovatori nelle corti d’Europa, amata da Dante Alighieri. Anche la cucina ne risente, una sequela di piatti che profumano di formaggi e di latte, accompagnati a castagne, patate, mais, grano saraceno, segale, frutti di bosco, funghi. E poi l’ottima carne di vitello, l’agnello sambucano, le chiocciole, la selvaggina, le trote.
Una tradizione nata in zone di confine, aperta ai sapori del Nizzardo e della Provenza. Le dogane tracciate a tavolino non hanno mai costituito un ostacolo all’emigrazione e all’incontro dei popoli. «
Las montahnas partejon las aigas et jontons los hommes, Le montagne dividono le acque e uniscono gli uomini», recita un proverbio occitano. Non per nulla i due versanti, piemontese e ligure, godono della denominazione «Alpi del Mare».
In queste valli ogni festa offre un piatto che ha valenza di memoria familiare e collettiva: il cibo segue lo scorrere delle stagioni e dei frutti che la terra produce. Piccole liturgie di una cucina fatta di compostezza e di decoro, di sobrietà negli ingredienti che un’abilità di generazioni sa interpretare e rinnovare. Senza enfasi come nel carattere della sua gente. Semplicità e fedeltà alla tradizione sono il passaparola per gustare ricette di grande equilibrio, antiche anche nei nomi: dòba, sebos abausos, ravioles, fricò, mato, donderet, cojëtte, crouset, bignëtte.
Tradizioni simboliche e beneauguranti accompagnano la tavola da cui scaturiscono ricordi della comune matrice occitana, prorompe la magia dei carrettini degli acciugai nel loro viaggio itinerante di fiera in fiera, traspaiono pergole d’osteria dove il profumo del vino si sposa a quello dell’aglio. Un’ospitalità a misura d’uomo.