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Il pistacchio

Un albero vecchio quasi quanto il mondo per ricette imperdibili
03.01.2021
10 min.
In cucina il pistacchio è uno tra gli ingredienti più versatili e preziosi: si presta con ottimi risultati alla realizzazione di ricette sia dolci che salate e regala a tantissimi piatti un sapore inconfondibile. Antipasti, primi, secondi e dolci: il pistacchio può essere il protagonista di ogni portata! Fa parte della cucina tradizionale di molte regioni, soprattutto dei paesi che si affacciano sul Mar Mediterraneo (Italia compresa, ovviamente!). È per esempio l’ingrediente principale della baklava, dolce tipico dei balcani a base di pasta fillo, miele e pistacchi.

Un albero antichissimo



In effetti, stiamo parlando di uno dei più antichi alberi coltivati dall’uomo. Pare che sia originario della Persia, dove veniva coltivato già in età preistorica… così almeno ci racconta il sofista greco Ateneo di Naucrati che ne parla nel trattato Banchetto dei sapienti. In Palestina, e in generale nel Medio Oriente, viene coltivato da almeno 3/4 mila anni stando a quanto scritto nell’Antico Testamento a proposito dell’episodio di Giacobbe il quale manda i propri figli dalla terra di Canan in Egitto per fare incetta di grano ed invia come dono i prodotti della propria terra tra cui proprio il pistacchio. La regina di Saba, invece, pare ne avesse una piantagione ad uso esclusivo; mentre il sovrano babilonese Nabucodonosor li faceva coltivare negli splendidi giardini pensili di Babilonia, una delle sette meraviglie del mondo antico, per sua moglie Amytis. Nel III sec. a.C., il pistacchio in Grecia era noto sia come afrodisiaco che per i suoi principi curativi e pare venisse usato anche come antidoto contro il veleno delle punture degli insetti. Qualche secolo più tardi, sotto l’imperatore Tiberio, i pistacchi varcarono il Mediterraneo ed approdarono in Italia: la coltivazione si diffuse in Liguria, Puglia, Campania e Sicilia, ma non trovando le condizioni climatiche favorevoli ben presto la pianta inselvatichì. Fu qualche secolo dopo, durante il nono secolo, quando gli arabi conquistarono la Sicilia sottraendola ai bizantini, che il pistacchio trovò il suo habitat ideale alle falde dell’Etna, nel territorio di Bronte dove tuttora rappresenta il fulcro dell’economia del luogo.

Un seme, tante varietà



L’albero del pistacchio fiorisce in primavera, di solito intorno al mese di aprile, mentre i frutti si iniziano a raccogliere da fine agosto a inizio ottobre, ogni due anni: in Italia, in particolare, sono gli anni dispari quelli in cui avviene il raccolto, mentre negli anni pari si procede alla cosiddetta potatura verde in cui le gemme in fase di crescita vengono tolte a mano. Anche la raccolta può essere effettuata manualmente, facendo cadere i frutti su teloni distesi a terra. Dopo aver tolto il mallo che copre il guscio (la cosiddetta “smallatura”) i pistacchi vengono esposti al sole e poi portati ad una temperatura di circa 40°/50° gradi per la fase finale dell’essiccazione, quella che consente la loro conservazione nel tempo. La raccolta, l’operazione di pelatura e quella di sgusciatura può essere effettuata anche meccanicamente.
Il principale produttore di pistacchio è sicuramente l’Iran, che da solo copre circa la metà della produzione mondiale, seguito dagli Stati Uniti (che coprono circa un 20% del mercato) e poi da Turchia, Cina, Siria, Grecia, Italia, Afghanistan, Pakistan e India. La varietà più diffusa oggi in Italia è la Bianca, chiamata anche Napoletana o Nostrale; poi ci sono altre coltivazioni quali Cappuccia, Cerasola, Insolia, Silvana, Femminella, fino alle più recenti introdotte dall’estero: Kern, Red Aleppo e Larnaka. Una sola varietà, però, tutta made in Italy si è fatta strada nel mondo: stiamo parlando naturalmente del famosissimo (e saporitissimo) pistacchio di Bronte. Tra l’altro uno dei soci fondatori di Palati a Spasso, Antonio Autore, che è anche produttore di torroni e croccantini nella località di San Marco dei Cavoti (BN) nota in tutto il territorio nazionale per la qualità dei suoi prodotti dolciari, utilizza proprio quello di Bronte per le sue creazioni. Da non perdere!
Il successo di questo pistacchio non è certamente immotivato, data la grande qualità del prodotto. Si dice che il suo segreto sia proprio in quei terreni lavici su cui crescono i pistacchieti: uno straordinario connubio tra pianta e terreno concimato dalle ceneri vulcaniche. Ma come riconoscere che si tratti veramente di pistacchio di Bronte?


Alcune caratteristiche visive lo rendono inconfondibile: sono sempre di forma allungata e poco compressa, proprio come un’oliva, e mai tondeggianti; riguardo al colore poi, all’esterno ha un guscio rigido violaceo dall’aspetto legnoso, al suo interno, invece, un frutto verde smeraldo intenso (dato dell’elevata concentrazione di clorofilla). A volte è più acceso, a volte più tenue, ma l’importante è che non sia mai giallo! Infine, il gusto: il pistacchio di Bronte tende molto al dolce, e per questo non viene solitamente salato né tostato, per non perdere l’aromaticità che lo contraddistingue. Se poi volete andare sul sicuro, controllate sempre che ci sia la denominazione completa di “Pistacchio verde di Bronte DOP”, oppure approfittate per fare una bella gita a Bronte stesso dove, proprio in Ottobre, si svolge la sagra: nelle vie del centro storico della città migliaia di visitatori di tutto il mondo ogni anno possono assaggiare i prodotti ottenuti dalle molteplici lavorazioni di questo seme come il pesto di pistacchio, il gelato, la crema, il cioccolato al pistacchio e tanto altro! L’Oro Verde dell’Etna viene utilizzato anche per aromatizzare le bevande o le carni insaccate come la mortadella. Provatelo sulla pizza! Nelle pizzerie del luogo lo propongono in molte varianti, con i funghi, insieme a mortadella e provola oppure abbinato allo speck, una vera prelibatezza.
Il pistacchio di Bronte è il più famoso, ma non è l’unico! Quello di Stigliano (Basilicata) ha una storia più recente ma ha già raggiunto un’importanza ben oltre i confini nazionali. Certo stiamo parlando di una varietà non autoctona (gli alberi sono di importazione greca), ma che ha sicuramente trovato nelle Dolomiti Lucane il suo habitat naturale.

Curiosità
Pare che la parola pistacchio derivi dal persiano pesteh attraverso l’arabo fustuaq: il nome è onomatopeico, richiama il suono prodotto dal guscio che maturando si apre all'improvviso emettendo un “pis-tak”. Inoltre, in Iran il pistacchio è conosciuto anche come “il seme che sorride” mentre in Cina come “seme felice” o “mandorla verde”.

Qualche idea in cucina


Versatilissimo, lo abbiamo già detto, lo si trova in tantissime ricette. Avete mai provato il pesto al pistacchio? È ottimo con la pasta ma anche sul pesce e sulla carne bianca: del resto nel trapanese sono famose la busiata, la pasta al pesto di pistacchio, il pistacchio con salmone fresco, con i gamberi, con lo speck… Se siete in Sicilia, non perdetevelo nei cannoli, o con altre ricette dolci a base di ricotta. La granella va benissimo nel tiramisù e in tanti dolci cremosi, anche su una cheesecake, ma è divina sulla pizza, con la burrata... Se poi parliamo della crema al pistacchio che è buonissima da sola, come farcitura, o per arricchire la crema pasticcera… Occhei, dovremo sicuramente scrivere un nuovo post sulle ricette al pistacchio. È una promessa!
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