Vi ricorderete sicuramente – come dimenticarsene – di quando abbiamo parlato della
cucina Friulana e dei piatto tipici del luogo. Oggi parleremo del più rappresentativo di tutta la regione: il Frico, un tortino a base di formaggio Montasio, patate e cipolle che si usa accompagnare con la polenta. Questa pietanza dalle origini molto antiche è ancora oggi molto popolare in Friuli-Venezia Giulia, tanto da essere diventato un po’ il nostro piatto simbolo. I miei amici dicono che, scavallati i confini regionali, è famoso anche più del nostro modo di salutare:
mandi!
Le origini e l'evoluzione del Frico La prima testimonianza scritta di questo piatto risale al 1456, quando Martino da Como, il cuoco del Patriarca di
Aquileia, scrisse il
De arte coquinaria, ossia uno dei più importanti testi per la letteratura gastronomica, scritto in lingua volgare.
In particolare, il celebre autore espone così la preparazione del frico:
“Piglia del caso grasso, et che non sia troppo vecchio né troppo salato, et tagliarai in fettolini o bocchoni quadri,o como ti piace; et habi de le padellette fatte a tale mistero; en sol fondo metterai un pocho di butiro, overo di strutto fresco, ponendole a scaldare sopra le brascie, et dentro gli mettirai li ditti pezzoli di caso; et como ti piace che sia facto tenero gli darai una volta, et mettendogli sopra del zuccharo et de la canella; et mandaralo subito in tavola, che si vol magnare dopo pasto et caldo.”Si nota subito come all’epoca la ricetta fosse diversa da quella che conosciamo oggi: innanzitutto, essa prevedeva l’aggiunta di zucchero e cannella; in effetti, il contrasto dolce-salato era uno dei sapori più caratteristici nel Medioevo, insieme a quello acido, all’agrodolce e al fortemente speziato, ottenuti anche mediante l’uso abbondante di aceto o di numerose spezie. Molte altre ricette del Friuli-Venezia Giulia, come i
cjarsons o
gli gnocchi con i susini, richiamano questi gusti antichi. Ma non solo: il frico preparato da Maestro Martino non prevedeva nemmeno l’utilizzo delle patate, alimento che del resto giunse in Europa solamente nel XVI secolo e che rimase nell’ombra fino alla carestia che colpì il continente tra il 1770 e il 1772, evento che diede impulso alla diffusione di questo tubero nelle campagne europee e nell’alimentazione popolare.
Inoltre, all’epoca di Maestro Martino il frico non si accompagnava con la polenta, contorno che forse oggi più rappresenta il Nord Italia: anche in questo caso, il mais arrivò in Europa solamente alla fine del Quattrocento, grazie a Cristoforo Colombo, e acquisì un ruolo di primaria importanza nell’agricoltura e nell’alimentazione europea solo a partire dal Settecento.
Insomma, capiamo bene come nel corso della storia, questa pietanza si sia evoluta e adattata non solo ai gusti della popolazione ma anche alle trasformazioni culturali, agricole e tecnologiche, come avvenne con l’introduzione del mais e della patata.
Inizialmente, il frico era destinato solamente alle tavole dei ceti più abbienti, dato che zucchero e cannella erano due ingredienti che le classi subalterne non si potevano permettere. Successivamente, nel corso del Settecento, con la diffusione della patata e del mais, due prodotti poveri, ecco che sia il frico che la polenta divennero accessibili a una parte più ampia della popolazione.
C’è invece un ingrediente che è sempre stato utilizzato per la preparazione del frico, ossia il formaggio! Ma non uno qualunque: il frico si fa con il Montasio. Anch’esso vanta una storia molto lontana: infatti, prende il nome dall’omonimo altopiano situato in provincia di Udine, dove viene prodotto sin dal 1200. Nel 1996 il Montasio ha ottenuto la certificazione DOP (Denominazione di Origine Protetta), dunque la sua produzione è regolamentata da un severo disciplinare, il cui fine è di mantenere intatta la grande qualità del prodotto e rispettare la tradizione dei modi di produzione che si sono consolidati nel corso della storia. In particolare, per fare il frico, vengono utilizzati tutti e quattro i livelli di stagionatura possibili per questo formaggio: fresco, semi stagionato, stagionato e stravecchio.
Un pilastro della cucina friulanaChe dire… il frico, una volta cibo d’élite, è diventato oggi un piatto popolare, diffuso ovunque nel Friuli e consumato soprattutto in ambienti informali. In particolare, lo troverete sicuramente nelle osterie, diffusissime in tutta Udine e provincia, dove potrete assaporare non solo i piatti più rappresentativi e tradizionali della zona ma anche l’atmosfera friulana: calorosa, accogliente ed esuberante. Quanto sarà vero che, nel mondo globalizzato, le tradizioni e le specificità di ogni luogo si sono appiattite? Il sociologo Ritzer sostiene sia in atto una “
Macdonaldizzazione della società”, un processo di standardizzazione e omologazione della cultura di massa che porta le nostre società a funzionare sempre più come un McDonald’s, producendo cioè beni e servizi sempre uguali in ogni parte del mondo, che siano in grado di dare un appiglio di sicurezza al consumatore contemporaneo, che in qualche modo riesce a sentirsi a casa anche dall’altra parte del mondo. Noi, in Friuli, ci aggrappiamo al frico e alle osterie: bastioni di tutela della cultura friulana, dove si possono rivivere sapori che vengono da un passato lontano e, soprattutto, il calore e l’umanità della gente del luogo. Certo, a Udine troverete molte catene di fast food internazionali, ma la vera anima della mia terra si trova nelle osterie che, fiere, tramandano i suoi sapori, la sua storia… Tanti piccoli luoghi nascosti, tutti da scoprire.