Torino capitale del cioccolato, una tradizione con radici nelle patenti di Madama Reale a Giovanni Antonio Arì a «vendere pubblicamente la cioccolata in bevanda per esserne stato il primo ad introdurla». È il 1678, l’inizio di un’arte che diventa l’emblema della città per qualità e prestigio: bonbon, praline, cremini, preferiti.
Qui i «cicolatè» utilizzano per primi il mescolatore meccanico, qui Doret brevetta la
macchina idraulica per raffinare la pasta di cacao. Progetti innovativi che portano ad aumentare la produzione e a sperimentare nuove mescole. Si aggiunga un evento fortuito: Napoleone, per colpire l’Inghilterra nei suoi interessi via mare, impone il blocco continentale. Se non arrivano più i prodotti dalle colonie, il prezzo del cacao è destinato a salire. Non resta che trovare un’alternativa: unirvi le nocciole. Sono abbondanti in Piemonte e costano poco.
Un’idea rivoluzionaria e nuovi capitali. Torino richiama maestranze e pionieri di un’imprenditoria destinata a lasciare un’impronta: Caffarel, Prochet, Talmone, De Coster, Venchi. Tra i ragazzi di bottega non mancano svizzeri intraprendenti, pronti a rubare i segreti del mestiere: Cailler, Suchard, Gruber. Qualcuno, dopo l’apprendistato, apre pasticcerie a Vercelli, Palermo, Napoli, Genova, Catania. Un legame fortemente intrecciato con la storia risorgimentale.
L’occasione d’oro per un grande battage pubblicitario è il carnevale 1865 quando Caffarel Prochet offre a chi si accalca in piazza Castello, tra personaggi in costume e coriandoli, vassoi di cioccolatini dalla forma curiosa, a barchetta rovesciata, fortemente profumati di nocciole tostate, la pregiata «tonda gentile» delle Langhe. Morbidi e suadenti al palato, sono i primi a presentarsi nella stagnola dorata. Li incartano a mano le donne, le uniche ad avere la giusta manualità. I datori di lavoro, al momento dell’assunzione, sono implacabili: per la «cicolatera» d’obbligo mani nette, fredde e asciutte.
Foto da Flickr di Katell Ar GowNasce il cioccolatino «vestito». La sua carta vincente, oltre alla qualità del cacao, è il nome: gianduiotti. A battezzarli è l’omonima maschera torinese.